Giuseppe Villivà, Nelle Calabrie. In campagna. La vita del maestro di scuola. Bozzetti (1893). Sfondo e nodi tematici
Università della Calabria
All’indomani della raggiunta Unità, la caratteristica comune ai diversi bozzetti e ai romanzi che iniziarono ad essere editi nel Regno d’Italia era rappresentata dall’intento di denuncia sociale che essi esprimevano rispetto alla condizione magistrale e alle vicende dei singoli maestri e maestre costretti a subire ogni tipo di angheria, specialmente dai sindaci e dagli amministratori delle piccole e sperdute comunità. L’analisi e le considerazioni che qui si presentano, sono circoscritte allo scritto di Giuseppe Villivà “Nelle Calabrie. In campagna. La vita del maestro di scuola. Bozzetti” (1893) in cui, sulla scia di una tendenza letteraria molto in voga nell’Italia della seconda metà dell’Ottocento, egli descrive, con piglio tipico del Realismo, la povertà, la ristrettezza estrema e la scarsa considerazione sociale della classe magistrale all’interno del complesso contesto rurale calabrese. Tutte queste problematicità, pur collocate dall’Autore nella visione eminentemente letteraria, costituiscono uno sfondo dentro il quale prendono vita dei racconti in grado di offrire allo storico, secondo modi e approcci diversificati, informazioni utili in quanto rappresentazioni di vissuti percepiti e poi sviluppati dallo scrittore, sicuramente suggestionato e scosso anche dalle cronache del tempo e da altri scritti che in quegli anni abbondavano, tra tutti quelli di Edmondo De Amicis che lasceranno un segno indelebile nella pubblicistica pedagogica italiana. Il microcosmo di cui racconta l’Autore assume, almeno apparentemente e nelle tematiche affrontate, connotazioni molto più leggere rispetto a quelle rinvenibili negli altri testi letterari del periodo. I maestri e le poche maestre che compaiono nelle storie di Villivà, sono sempre colti nelle loro quotidianità e rappresentati con descrizioni spesso poetiche ma mai stucchevoli tra i loro affetti più cari e nell’esercizio del loro magistero, nei momenti di solitudine e in quelli di profonda meditazione. Pur nella brevità dei singoli brani, l’Autore fa emergere questioni che meritano di essere esaminate, come la sensibilità e “il buon cuore” delle maestre e dei maestri che si occupano dei propri alunni con un affetto particolare; la passione sentimentale che finisce per travolgere un giovane e timido maestro; la devozione profonda per la scuola e per l’insegnamento senza però lasciarsi annullare dalle mura scolastiche; i momenti di sana spensieratezza e di svago condivisi in compagnia, senza mai scadere nell’ammorbamento del vizio. Altro merito dell’Autore, infine, è quello di aver offerto attraverso il suo scritto semplice e armonioso, un mosaico di episodi precisi e amari che restituiscono quelle che realmente erano le storture e le deviazioni dell’istituzione scuola quando essa veniva violata e strumentalizzata dall’arroganza e dalla pochezza umana degli amministratori locali, tra lo sconforto dell’indefesso maestro costretto però a soccombere dove aver comunque urlato tutta la sua rabbia Parole chiave: Giuseppe Villivà, Calabria, condizione magistrale, Realismo.