Alle radici della coscienza magistrale: il “caso Donati”
Università degli Studi di Firenze
Toscana rurale, anni Ottanta dell’Ottocento. Una maestra di umili origini, che cerca di riscattarsi da un destino di fatica e miseria. Un sindaco, abituato, in sintonia con la concezione del potere locale nell’Italia postunitaria, a esercitare la sua gestione personalistica. Un borgo diffidente, riflesso di una civiltà contadina restia ad accettare nuove declinazioni della professionalità al femminile. La maestra che, accusata di essere l’amante del sindaco, impossibilitata a difendersi, e men che meno a trasferirsi, non vede altra via di uscita che il suicidio. La notizia, che arriva alla redazione de «Il Corriere della Sera». E che diventa, nel giugno 1886, un caso nazionale. Molto è stato scritto e molto sappiamo (o meglio: crediamo di sapere) sulla vita di Italia Donati, la maestra il cui suicidio assurse a uno dei primi “scandali di cronaca” che popolarono la vita del giovane Stato unitario. Poco, tuttavia, continuiamo a sapere sul dopo: sul reportage che Carlo Paladini, forte della sua navigata esperienza di scrittore, confezionò sulla falsariga dei tanto diffusi quanto lacrimosi romanzi d’appendice; sull’influenza che il “caso Donati” seppe esercitare su una classe magistrale in magmatica formazione. Non era né la prima, né l’ultima volta in cui la triste vicenda di una maestra ostaggio del potere locale ascese agli onori della cronaca nazionale. Fu però la prima, e fu l’unica volta, in cui un evento del genere riuscì a plasmare sentimenti ed emozioni nell’opinione pubblica italiana. Migliaia di persone assistettero commosse al funerale della giovane donna. Centinaia di biglietti, di vaglia, di contributi affollarono la posta del quotidiano milanese, che alle reazioni per il “caso Donati” dedicò una rubrica destinata a durare per mesi. Variegati furono i motivi di un tale successo. Motivi tecnologici, innanzitutto – Porciano, la frazione di Lamporecchio (all’epoca in provincia di Firenze, adesso parte della provincia di Pistoia), distava pochi chilometri da Pistoia, capolinea meridionale della ferrovia transappenninica. Ma molto fu dovuto alla penna di Carlo Paladini, che seppe incasellare la vicenda di Italia Donati nelle categorie interpretative dell’immaginario borghese di fine Ottocento: quelle della giovane umile, virtuosa e sfortunata che, perseguitata da un sindaco moralmente depravato e politicamente corrotto, evita la violenza con l’estrema sottomissione – ovvero, con la morte.
Parole chiave: Italia Donati, maestre, Carlo Paladini, scuola elementare, storia delle donne.